Calendario dell'avvento (Day 8):🎸 John Lennon – Il sognatore che volle cambiare il mondo
🌿Le origini di un sognatore (1940-1958)
Liverpool, 9 ottobre 1940. Il cielo era solcato dal rombo cupo degli aerei tedeschi e dalle sirene dell’allarme antiaerea. Mentre la città tremava sotto le bombe, in un ospedale modesto di Oxford Street Maternity Hospital veniva alla luce un bambino destinato a cambiare la storia della musica e della cultura popolare: John Winston Lennon.
Il secondo nome, Winston, era un omaggio al primo ministro britannico Churchill, simbolo di resistenza e forza, ma quel neonato avrebbe trovato la sua forza in tutt’altro: nell’arte, nell’ironia e in un’irrequietudine che non lo avrebbe mai abbandonato.
Mimi, con il suo carattere severo e le frasi taglienti (“La chitarra va bene, ma non ti farà guadagnare da vivere”), rappresentava la voce del mondo reale; Julia, invece, quella del sogno. Ed è tra queste due forze opposte che si formò la personalità di John Lennon: il ribelle poetico, il cinico visionario, il bambino che avrebbe imparato presto che l’amore e l’abbandono possono convivere nello stesso cuore.Nel 1956, con un pugno di amici del quartiere, fondò i Quarrymen, una band skiffle dal suono ruvido, artigianale, nata più per divertimento che per ambizione. Ma proprio durante una delle loro esibizioni, in un pomeriggio d’estate del 1957, il destino fece capolino: tra il pubblico c’era un ragazzo magro, con il viso pulito e un orecchio musicale incredibile. Si chiamava Paul McCartney. John, impressionato dalla sicurezza con cui quel giovane suonava la chitarra, lo invitò ad unirsi al gruppo.
In quell’incontro, apparentemente casuale, prese forma il nucleo di una rivoluzione culturale.Nel 1963, l’uscita di “Please Please Me” fu come un tuono nel cielo della musica britannica. Canzoni come "Love Me Do" e "Twist and Shout" racchiudevano tutta l’energia del rock’n’roll e la freschezza di una nuova generazione.
L’anno seguente, con “With the Beatles” (1963) e “A Hard Day’s Night” (1964), Lennon e McCartney divennero la penna e il cuore di un fenomeno globale: giovani, ironici, pieni di vita, ma anche capaci di scrivere melodie che toccavano corde intime e universali.
Le urla dei fan coprivano ogni nota durante i tour mondiali, ma Lennon cominciava a percepire il peso del successo come una gabbia dorata.Nel 1965, con “Help!” e soprattutto “Rubber Soul”, i Beatles iniziarono a cambiare pelle. Le loro canzoni non erano più semplici inni d’amore: diventavano introspezioni, riflessioni, esperimenti sonori. Lennon scriveva Norwegian Wood, un brano criptico e malinconico che lasciava intravedere un nuovo orizzonte psicologico.
Ma fu con “Revolver” (1966) e “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” (1967) che Lennon, spinto da curiosità e da esperienze psichedeliche, abbracciò una visione completamente nuova della musica: orchestrazioni, registrazioni al contrario, testi visionari. "Lucy in the Sky with Diamonds", "Strawberry Fields Forever" e "A Day in the Life" diventarono manifesti di un’epoca che cercava libertà in ogni forma.
Negli anni dell’adolescenza, Lennon non si riconosceva nei modelli imposti. Irriverente, caustico, con un umorismo che disarmava professori e compagni, si rifugiava nel disegno e nella musica. Fu la madre Julia a insegnargli i primi accordi sul banjo e a trasmettergli la passione per Elvis Presley, Buddy Holly e Chuck Berry, scintille che avrebbero acceso la miccia della sua creatività.
Ma prima che la leggenda dei Beatles iniziasse, il destino colpì con violenza.
Il 15 luglio 1958, la madre Julia fu travolta e uccisa da un’auto mentre attraversava Menlove Avenue. Lennon, appena diciassettenne, restò schiacciato da un dolore che non lo avrebbe mai abbandonato del tutto. Quella ferita, l’assenza, la perdita, il vuoto improvviso divennero una sorgente invisibile che avrebbe nutrito la sua musica per tutta la vita.
Dietro la maschera del sarcasmo, c’era un ragazzo che cercava la madre in ogni nota, in ogni amore, in ogni palco.
Fu in quella Liverpool grigia e industriale, tra sirene, sogni e ferite, che nacque il Lennon artista: un giovane con una chitarra e un’anima inquieta, pronto a trasformare la rabbia in melodia, la malinconia in poesia e la solitudine in un messaggio universale di pace e libertà.
🎸Dalla nebbia di Liverpool al mito: gli anni dei Beatles (1958–1970)
Dopo la morte di sua madre, John Lennon non fu più lo stesso. Quel dolore sordo si trasformò in un’urgenza di esprimersi, di urlare al mondo ciò che le parole non bastavano a contenere. E la musica divenne la sua arma, la sua terapia, il suo linguaggio universale.
Con Paul McCartney, il legame si fece sempre più profondo: due ragazzi diversissimi l’uno ironico e tormentato, l’altro metodico e melodico che si completavano come luce e ombra. Poco dopo si unì George Harrison, appena quindicenne ma già un talento alla chitarra, e infine, nel 1962, Ringo Starr, che avrebbe dato ritmo e personalità a una band che stava per riscrivere la storia.
🌆 Le origini al Cavern Club
Il cuore pulsante di quell’ascesa fu un piccolo locale sotterraneo nel centro di Liverpool: il Cavern Club. Umido, affollato, saturo di fumo e di sogni, divenne il santuario dove i Beatles affinarono il loro suono, mescolando rock’n’roll americano e spirito britannico. Ogni sera era un’esplosione: urla, risate, chitarre distorte, la sensazione che qualcosa di grande stesse nascendo tra quelle mura.
Il manager Brian Epstein, colpito dal loro carisma, li prese sotto la sua ala. Con lui arrivò la svolta: abiti coordinati, acconciature iconiche e, soprattutto, un contratto con l'EMI. Da quel momento, la Beatlemania era pronta a esplodere.
💿 I primi album e l’esplosione mondiale
🌍 L’evoluzione artistica e la rivoluzione sonora
Nel 1965, con “Help!” e soprattutto “Rubber Soul”, i Beatles iniziarono a cambiare pelle. Le loro canzoni non erano più semplici inni d’amore: diventavano introspezioni, riflessioni, esperimenti sonori. Lennon scriveva Norwegian Wood, un brano criptico e malinconico che lasciava intravedere un nuovo orizzonte psicologico.
Ma fu con “Revolver” (1966) e “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” (1967) che Lennon, spinto da curiosità e da esperienze psichedeliche, abbracciò una visione completamente nuova della musica: orchestrazioni, registrazioni al contrario, testi visionari. Lucy in the Sky with Diamonds, Strawberry Fields Forever e A Day in the Life diventarono manifesti di un’epoca che cercava libertà in ogni forma
In parallelo, John conobbe Yoko Ono, artista d’avanguardia giapponese, che sconvolse il suo mondo interiore. Con lei Lennon iniziò a guardare oltre la fama e la melodia, verso l’arte come atto politico e personale.
🌙 L’uomo dietro il mito: separazione, amore e la nascita del percorso solista (1966–1972)
Dopo anni di gloria con i Beatles, John Lennon iniziava a percepire i primi segnali di cambiamento.
Il 1966 vide l’uscita di “Yellow Submarine”, un album colorato e surreale che, insieme alla sua colonna sonora, segnava il culmine della sperimentazione psichedelica dei Beatles. Brani come "All You Need Is Love" e l’omonimo "Yellow Submarine" riflettevano l’ottimismo e il senso di comunità della band, ma Lennon sentiva che il suo desiderio di libertà artistica stava crescendo.
I tour mondiali erano sempre più estenuanti, le tensioni interne aumentavano, e la vita privata cominciava a complicarsi. L’incontro con Yoko Ono nel 1966 fu un punto di svolta. Yoko non era soltanto un’artista: era un compendio di idee radicali e una sfida per Lennon, spingendolo verso un concetto di arte e amore totale che lo avrebbe accompagnato per il resto della vita.
💔 La rottura dei Beatles
Tra il 1967 e il 1969, le tensioni con Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr si fecero più evidenti. Album come “The White Album” (1968) poi venne il momento di "Abbey Road" (1969) ed infine “Let It Be” (1970) portarono alla luce le divergenze creative: Lennon cercava un linguaggio più personale e diretto, mentre McCartney desiderava perfezione melodica e armonia interna.
Il rapporto con i compagni era ormai teso, e il sogno dei quattro ragazzi di Liverpool iniziava a frantumarsi.
Nel 1970 arrivò lo scioglimento ufficiale dei Beatles. Per il mondo era la fine di un’era, ma per John fu l’inizio di un percorso di autenticità e rinascita. Libero dal peso di un mito collettivo, poteva finalmente cantare e scrivere solo per sé.
💞 Yoko Ono e la rivoluzione dell’amore
Quando John Lennon incontrò Yoko Ono, nel novembre del 1966 alla galleria Indica di Londra, non sapeva ancora che la sua vita avrebbe preso una direzione irreversibile.
Tra installazioni minimaliste e messaggi di pace scritti in lettere bianche su fondo bianco, Yoko portava con sé un linguaggio nuovo, fatto di silenzi, provocazioni e libertà assoluta.
John ne rimase affascinato: per la prima volta trovava una persona capace di guardarlo non come un mito, ma come un essere umano.
“Lei era l’altra metà della mia voce.”
Yoko non era la musa silenziosa, ma la compagna attiva, la partner creativa e politica. Con lei, John iniziò un percorso di rottura, introspezione e rinascita.
“Quando incontrai Yoko, capii che tutto ciò che avevo fatto fino ad allora era solo un preludio”, disse anni dopo.
Da quell’incontro nacque un amore tanto spirituale quanto carnale, un’unione che avrebbe rivoluzionato non solo la vita di Lennon, ma anche la percezione del pubblico su cosa significasse essere artista.
🎧 La nascita del solista: Plastic Ono Band
Nel 1970 pubblicò il primo album solista, “John Lennon/Plastic Ono Band”, un disco spoglio e intenso, con canzoni come "Mother", "Working Class Hero" e "God". Era il Lennon più autentico, diretto, nudo. Ogni nota rivelava fragilità e forza insieme, un uomo che finalmente parlava senza filtri.
☁️ Il sogno prende forma: Imagine
Nel 1971, con “Imagine”, Lennon creò un disco che rimane immortale. La title track era semplice e universale: un invito a immaginare un mondo senza guerre, frontiere o odio. Brani come "Gimme Some Truth" e "How Do You Sleep?" mostravano anche la sua rabbia e la volontà di affrontare vecchie ferite, tra cui le tensioni con McCartney.
“Imagine” consolidava John come voce universale di speranza, mentre la sua vita privata si intrecciava con la dimensione artistica: la musica diventava un riflesso dei suoi sentimenti più profondi, della sua libertà ritrovata e dell’amore totale per Yoko.
🕊️ Arte, musica e pacifismo
Il loro amore fu un atto d’arte. Nel 1968 pubblicarono insieme “Unfinished Music No.1: Two Virgins”, un album sperimentale che scandalizzò per la copertina: i due completamente nudi, senza vergogna, esposti al mondo come simbolo di vulnerabilità e verità.
Era un manifesto, più che un disco: l’amore come forma di libertà totale, al di là del giudizio.
Rimasero a letto per giorni, prima ad Amsterdam e poi a Montréal, circondati da fiori, giornalisti e cartelli con scritto “Hair Peace” e “Bed Peace”.
Da quella camera d’albergo nacque "Give Peace a Chance", registrata con un microfono improvvisato: un canto collettivo che divenne subito l’inno del pacifismo mondiale.
Il loro amore, però, non fu solo idealismo. Fu anche sacrificio, isolamento e incomprensione. Mentre il mondo li accusava di aver “distrutto i Beatles”, loro si chiudevano in un universo personale fatto di arte concettuale, film sperimentali e manifesti d’amore.
John trovò in Yoko la forza per spogliarsi del ruolo di “Beatle” e riscoprire la propria voce come uomo e come artista.
✨ Happy Xmas (War Is Over) – La voce della pace
Nel dicembre del 1971, il mondo si fermò per ascoltare una nuova melodia.
John e Yoko, ormai inseparabili nella vita e nell’arte, pubblicarono "Happy Xmas (War Is Over)", un canto che superava i confini del Natale per diventare un inno universale di pace.
Non era solo una canzone festiva: era un grido dolce e potente contro l’indifferenza.
Mentre la guerra del Vietnam infiammava i telegiornali, Lennon e Ono risposero con la forza disarmante della speranza.
Il ritornello “War is over, if you want it” risuonava come una preghiera collettiva, un invito alla coscienza, una mano tesa al mondo intero.
Dietro il coro dei bambini della Harlem Community Choir c’era l’eco di un sogno semplice: un mondo senza violenza, dove ogni voce potesse cantare in armonia.
John e Yoko apparivano come due profeti moderni, vestiti di bianco, che cercavano di far vibrare l’amore sopra il rumore delle armi.
"Happy Xmas (War Is Over)" divenne subito una delle sue opere più sentite, la dimostrazione che Lennon non aveva mai smesso di credere nel potere della musica come strumento di cambiamento.
E ogni dicembre, quando la sua voce ritorna a riempire l’aria, sembra ricordarci che la pace è possibile basta volerla davvero.
💫 Una nuova forma di esistenza
Trasferitisi a New York all’inizio degli anni ’70, John e Yoko abbracciarono la vita bohémienne e cosmopolita della città.
Tra performance all’Ono’s Loft, collaborazioni con attivisti e serate al Village, Lennon si sentiva finalmente libero di essere sé stesso: non più la voce di una generazione, ma la voce della propria coscienza.
Nel 1971 nacque “Imagine”, il frutto più puro della loro unione artistica e spirituale.
Dietro la melodia limpida e sognante del brano c’era la filosofia di Yoko: il concetto giapponese di “Oneness”, l’unità universale.
Non a caso, Lennon ammise più tardi:
“Molto di Imagine è di Yoko. Le idee, le parole, il messaggio. Lei mi ha insegnato a immaginare davvero.”
Insieme, crearono una piccola utopia domestica nel cuore di New York, tra la quiete del Dakota Building e i prati di Central Park.
Non era una vita perfetta, le difficoltà, gli scandali e le separazioni temporanee non mancarono, ma era autentica.
Yoko divenne la bussola di Lennon: l’amore non come rifugio, ma come rivoluzione continua.
Con Yoko, John Lennon non trovò solo l’amore di una donna, ma una nuova identità: quella di un artista completo, libero e imperfetto.
Fu lei a mostrargli che la pace non è un sogno lontano, ma un modo di vivere ogni giorno anche nei momenti di disordine, anche quando il mondo ti volta le spalle.
“Il nostro amore non era convenzionale.
Ma era reale, e reale è tutto ciò che serve per cambiare il mondo.” – John Lennon
🕊️ L’ultimo sogno: il ritorno, la notte e l’eternità (1975–1980)
Dopo anni di silenzio, John Lennon sembrava essersi ritirato dal mondo.
Tra le mura del Dakota Building, affacciato su Central Park, aveva scelto la vita semplice, la paternità, la cucina casalinga, le passeggiate con Sean.
Era un uomo rinato, lontano dai clamori, finalmente sereno. La musica, per un po’, aveva smesso di chiamarlo: voleva solo essere presente, vivere.
“Ho suonato abbastanza per dieci vite. Ora voglio vedere crescere mio figlio.”
“Non mi manca il palcoscenico,” disse in un’intervista.
Eppure, dentro di lui, la fiamma non si era mai spenta.
🌅 Double Fantasy – un nuovo inizio
Per John Lennon, gli anni tra il 1975 e il 1980 furono un tempo sospeso.
Dopo la nascita del figlio Sean, aveva deciso di abbandonare il mondo discografico per dedicarsi completamente alla famiglia.
Si definiva un househusband, un “uomo di casa”, e la sua quotidianità ruotava attorno a colazioni con Yoko, gite a Central Park e ore passate a preparare pane fatto in casa.
Lennon, che un tempo aveva incendiato il mondo con frasi provocatorie e chitarre distorte, ora trovava libertà nelle piccole cose: nel silenzio, nella cura, nell’amore.
Eppure, dentro di lui, la musica non aveva mai smesso di pulsare.
Era un richiamo costante, una voce familiare che sussurrava nei pomeriggi tranquilli del Dakota Building.
Quando Sean cominciò a crescere, Lennon iniziò a scrivere di nuovo. Lo fece in segreto, quasi con pudore, annotando versi, melodie, ricordi.
Da quelle pagine intime nacquero i semi di un nuovo capitolo: Double Fantasy.
Registrato tra l’estate e l’autunno del 1980, Double Fantasy era molto più di un album: era un diario a due voci.
Lennon e Yoko Ono alternavano le loro canzoni, creando un flusso continuo tra maschile e femminile, realtà e sogno, quotidianità e spiritualità.
Era un progetto coraggioso, lontano dai cliché rock dell’epoca: parlava di amore maturo, di crisi superate, di complicità ritrovata.
Era la sua rinascita dichiarata: la voce, limpida e sicura, trasmetteva entusiasmo, quasi una giovinezza ritrovata.
Una frase che, col tempo, sarebbe diventata una verità amara e profetica.
Insieme costruirono un mosaico emotivo in cui il pubblico poteva intravedere la loro quotidianità, le fragilità e la potenza di un amore sopravvissuto a tutto.
Il disco si apriva con “(Just Like) Starting Over”, un brano brillante e nostalgico, ispirato agli anni ’50, in cui Lennon cantava la voglia di ricominciare.
Poi c’erano i momenti più intimi:
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“Woman”, una lettera d’amore aperta, in cui Lennon riconosceva il ruolo fondamentale di Yoko nella sua vita;
-
“Beautiful Boy (Darling Boy)”, una ninna nanna dedicata al piccolo Sean, forse una delle sue canzoni più tenere e sincere, dove cantava:
"La vita è ciò che ti accade mentre sei impegnato a fare altri piani."
Yoko rispondeva con i suoi brani enigmatici e spirituali, come “Kiss Kiss Kiss” o “I’m Moving On”, bilanciando l’album con la sua visione artistica più concettuale.
Quando "Double Fantasy" uscì, il 17 novembre 1980, molti critici lo accolsero con scetticismo.
Alcuni lo giudicarono troppo domestico, troppo sereno per un ex-Beatle.
Ma Lennon non cercava di impressionare nessuno: voleva solo raccontare la verità della sua vita in quel momento.Nelle interviste che seguirono, appariva radioso. Parlava di nuovi progetti, di brani già scritti per un secondo album, di un tour mondiale nel 1981.
Diceva di sentirsi finalmente “in equilibrio”, riconciliato con sé stesso e con il mondo.
“Ho vissuto due vite,” dichiarò. “Quella del Beatle, e quella dell’uomo. Ora comincia la terza: quella di chi ha trovato pace.”
Nessuno poteva immaginare che quella pace sarebbe durata così poco.
Ma "Doppia fantasia" rimane, ancora oggi, la testimonianza di un uomo che aveva imparato ad amare senza paura, dopo una vita di tempeste.
È un album che respira luce, intimità e umanità, il canto di chi aveva smesso di cercare risposte nel rumore, trovandole finalmente nel silenzio.
🌃 8 dicembre 1980 – La notte che fermò il mondo
Era un lunedì freddo, l’aria di New York sapeva d’inverno e di luci natalizie.
John Lennon e Yoko Ono avevano trascorso la giornata insieme, tra un’intervista alla radio e una sessione fotografica con Annie Leibovitz per Rolling Stone. Nelle immagini, John appariva sereno, vulnerabile, nudo e avvolto nell’abbraccio di Yoko: l’immagine perfetta dell’intimità ritrovata.
Nel pomeriggio, i due lasciarono il Dakota Building, il palazzo dove vivevano affacciato su Central Park.
Sulla soglia li attendeva un gruppo di fan in attesa di un autografo.
Tra loro c’era Mark David Chapman, un giovane uomo con in mano una copia di Double Fantasy. Lennon, gentile come sempre, gliela firmò.
Nessuno poteva immaginare che quello sarebbe stato il suo ultimo autografo.
🕛 La sera della tragedia
Più tardi, verso le 22:50, John e Yoko tornarono a casa dopo una lunga giornata di lavoro in studio.
Chapman era ancora lì, immobile nell’ombra. Quando Lennon scese dall’auto, il fan si fece avanti e lo chiamò per nome. Poi estrasse una pistola calibro .38 e sparò cinque colpi.
Lennon fece ancora qualche passo, riuscendo a dire:
Il portiere del Dakota, José Perdomo, riuscì a disarmare Chapman, che restò sul posto leggendo con calma Il giovane Holden.
Alle 23:15 dell’8 dicembre 1980, John Lennon fu dichiarato morto.
Aveva 40 anni.
Quattro di quei proiettili raggiunsero John alle spalle.
"Mi hanno sparato... Mi hanno sparato".
Riuscì ad entrare nell’atrio prima di crollare a terra.
La corsa in ospedale al Roosevelt Hospital fu inutile.
La notizia rimbalzò in ogni angolo del pianeta in pochi minuti.
La radio interruppe la programmazione, i telegiornali entrarono in edizione straordinaria.
A Londra, Tokyo, New York, milioni di persone rimasero in silenzio, increduli.
Per molti, fu come se una parte della loro giovinezza fosse stata strappata via per sempre.
Davanti al Dakota, migliaia di fan iniziarono a radunarsi, accendendo candele, cantando "Imagine" sotto la neve.
Yoko Ono, devastata, chiese che non si tenesse alcun funerale: Lennon era già “ovunque, nella musica e nei cuori di chi lo amava”.
Il suo corpo fu cremato a Ferncliff Cemetery, e le ceneri furono consegnate a Yoko.
🌿 Strawberry Fields – il giardino della memoria
Nel 1985, grazie a Yoko Ono e al Comune di New York, nacque Strawberry Fields Memorial, un’area di 2,5 acri all’interno di Central Park, proprio di fronte al Dakota Building.
Al centro, un mosaico in bianco e nero reca una sola parola: IMAGINE.
Ogni giorno, ancora oggi, i visitatori depongono fiori, chitarre, dischi, messaggi.
È diventato un luogo di pellegrinaggio, di silenzio e gratitudine.
“Strawberry Fields” non è solo un monumento: è una promessa.
L’idea è che la pace, l’amore e la musica non muoiono mai del tutto.
Che anche se il corpo è scomparso, la voce di Lennon continua a vibrare, a commuovere, a ispirare generazioni.
🕊️ Epilogo – L’eco di un sogno eterno
Lennon non fu solo un Beatle, né solo un artista: fu una coscienza collettiva, la voce che seppe tradurre i sogni e i conflitti di un’intera epoca.
Imagine", dal sarcasmo di Help! Alla serenità di Woman, ogni sua canzone racconta il viaggio di un uomo alla ricerca della pace dentro e fuori di sé. Dalla rabbia giovanile di Liverpool alla dolce malinconia di "
Il suo lascito vive in ogni nota, in ogni parola, in ogni speranza.
E quando la musica di Lennon risuona, il mondo sembra fermarsi ancora per un istante, come quella notte di dicembre, ma stavolta per ascoltare, per ricordare, per continuare a sognare.
"Si può dire che sono un sognatore, ma non sono l'unico".
— John Lennon, 1971








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