Road across the universe (parte 1)


Ci sono viaggi che iniziano da un aeroporto, altri da una stazione. Questo, invece, nasce da un paio di cuffie e da un pensiero che si fa più grande del cielo: e se la musica potesse accompagnarmi tra le stelle?

Chiudo gli occhi e immagino la navicella che lascia la Terra. Dietro di me rimane il blu familiare del nostro pianeta, davanti solo l’oscurità silenziosa dello spazio. Un silenzio assoluto, tanto perfetto quanto inquietante. Ma non sono solo: nelle orecchie parte una melodia, e all’improvviso il cosmo prende vita.

La musica diventa bussola, diventa respiro. Ogni pianeta mi accoglie con il suo carattere, la sua atmosfera, la sua energia unica, e a ciascuno associo un brano capace di raccontarlo. Il Sole brucia di rinascita, Mercurio corre impaziente, Venere danza lenta e sensuale, Giove esplode in grandezza infinita. E poi c’è Plutone, lontano e dimenticato, che vibra di solitudine e poesia.


Non è un viaggio scientifico, ma emotivo. È un diario immaginario scritto con le note: un percorso in cui i pianeti non sono solo corpi celesti, ma palcoscenici cosmici dove la musica trova nuova vita.

Indosso le cuffie, respiro profondamente e lascio che siano le canzoni a guidarmi. Lo spazio non è più vuoto: è una sinfonia.


☀️ Sole – “Here Comes the Sun” (The Beatles)


Il viaggio comincia dal centro di tutto: il Sole. Non è solo una stella, è un cuore che pulsa da miliardi di anni, una fornace che non smette mai di ardere e che tiene in vita l’intero sistema solare. Avvicinarsi significa sentire il calore diventare quasi insopportabile, come se l’aria stessa vibrasse di luce.

Eppure, nelle cuffie, non parte una musica solenne o roboante, ma una melodia lieve: “Here Comes the Sun” dei Beatles. La voce di George Harrison è come una carezza che si posa su questo scenario accecante. È un contrasto incredibile: davanti a me c’è la potenza più distruttiva e creatrice che conosca, ma nelle orecchie ho un brano che parla di speranza, di rinascita, di giornate che finalmente si aprono alla luce.

Ogni nota è un raggio che filtra nell’oscurità dello spazio. Ogni parola sembra sussurrare che anche i momenti più bui sono destinati a dissolversi, proprio come la notte davanti al sorgere del Sole. Qui, al cospetto della stella, la canzone smette di essere solo musica e diventa una promessa universale: dopo il gelo cosmico, dopo la solitudine siderale, c’è sempre una nuova luce pronta a brillare.

Con gli occhi chiusi, il calore che mi avvolge e la melodia che scorre, ho la sensazione che il Sole stesso stia cantando attraverso quella voce, ricordandomi che la vita è un ciclo eterno di albe e tramonti.


🧡 Mercurio – “Mercury Blues” (Alan Jackson)

Mercurio è il pianeta della velocità. Corre intorno al Sole come un messaggero instancabile, compiendo la sua orbita in pochissimi giorni. Non c’è atmosfera che trattenga il calore: il lato esposto arde come un deserto infuocato, quello nascosto sprofonda in un gelo silenzioso. È un luogo di estremi, dove il tempo sembra impazzire.

Appena atterro, il terreno vibra sotto i miei passi. Le rocce grigie riflettono la luce del Sole con un bagliore accecante, e nell’aria rarefatta non c’è spazio per alcun rumore. Eppure, nelle mie cuffie, parte un riff scatenato: “Mercury Blues”. È un brano che corre, che brucia, che non dà tregua.

Il ritmo del blues si intreccia con il battito accelerato di questo pianeta, trasformando il silenzio assoluto in un ballo frenetico. Ogni nota è una scintilla, un colpo di calore che esplode e subito svanisce. Sento l’adrenalina crescere, come se stessi inseguendo Mercurio nella sua corsa intorno al Sole.

Qui la musica non è rifugio, ma energia pura: è fuoco nelle vene, velocità che non conosce sosta. Su Mercurio non c’è spazio per la calma. Solo corsa, solo passione, solo blues.


💛 Venere – “Venus” (Shocking Blue)

Venere non assomiglia a nessun altro pianeta. Da lontano sembra un gioiello luminoso, una stella che brilla all’alba e al tramonto. Da vicino, però, rivela il suo vero volto: un mondo avvolto da nuvole spesse, un’atmosfera che nasconde più di quanto mostri. È bellezza e mistero insieme, fascino e pericolo che convivono nello stesso respiro.

Appena atterro, l’aria è densa, quasi irrespirabile. Ogni passo è come muoversi dentro una coltre di vapore che avvolge tutto, cancellando i contorni. Non vedo il Sole, non vedo il cielo: solo un chiarore lattiginoso che filtra attraverso le nubi. È un’atmosfera che seduce e intimorisce nello stesso tempo.

Nelle cuffie parte “Venus” degli Shocking Blue. Le prime note mi colpiscono come un richiamo ipnotico. La voce di Mariska Veres si intreccia con le nebbie del pianeta, trasformando quel velo pesante in una danza sensuale. Ogni parola sembra scolpita nell’aria, come un incantesimo che avvolge chi ascolta.

Camminando tra quelle nubi, la canzone diventa la colonna sonora perfetta: un canto che celebra la bellezza magnetica e allo stesso tempo inaccessibile di questo pianeta. Venere è un invito ad avvicinarsi, ma anche un avvertimento: dietro la sua luce splendente si nasconde un cuore di fuoco.

Qui la musica è seduzione pura, un ballo lento tra passione e mistero. Venere non parla, canta. E lo fa con una voce che ti resta dentro.





🌍 Terra – “What a Wonderful World” (Louis Armstrong)

Dalla navicella, la Terra appare come un gioiello azzurro sospeso nel nero assoluto. È fragile e luminosa allo stesso tempo, un equilibrio perfetto tra oceani che brillano di luce solare e continenti che respirano vita. Guardarla da lontano significa capire quanto sia unico quel piccolo punto nel cosmo.

Mentre la osservo, nelle cuffie parte la voce calda e graffiata di Louis Armstrong. “What a Wonderful World”. È come un ritorno a casa, una carezza che riporta alla memoria ciò che il cuore conosce bene: il verde degli alberi mossi dal vento, il rosso delle rose che sbocciano, i sorrisi che illuminano i volti delle persone amate.

Ogni parola è un frammento di ricordo: il rumore della pioggia che cade lieve, il canto degli uccelli al mattino, la luce dorata di un tramonto che si riflette sull’acqua. Qui, sospeso nello spazio, la Terra non è solo un pianeta: è un miracolo vivente, fragile e prezioso.

La canzone diventa un inno universale, un promemoria che non smette di emozionare. Armstrong non canta solo un brano: presta voce all’anima stessa del nostro mondo. E all’improvviso capisco che nessun altro luogo, per quanto affascinante o misterioso, potrà mai avere la stessa intensità della nostra casa.

La Terra è musica. La Terra è davvero un “wonderful world


🔴 Marte – “Life on Mars?” (David Bowie)

Il terreno sotto i miei piedi è rosso, polveroso, quasi irreale. L’orizzonte è punteggiato da montagne che si ergono come giganti silenziosi e da valli che sembrano canyon infiniti. Marte non è solo un pianeta: è una domanda sospesa nel tempo. Ogni granello di sabbia racconta di un passato che forse ha conosciuto l’acqua, e chissà, forse anche la vita.

Nelle cuffie parte David Bowie. “Life on Mars?” non è solo un titolo, è un interrogativo che diventa colonna sonora del paesaggio. La sua voce si mescola al vento immaginario che percorre le pianure rosse, creando un dialogo invisibile tra la musica e il pianeta.

Ogni nota sembra chiedere: siamo soli davvero? E ogni eco che ritorna dal suolo marziano sembra rispondere con il silenzio. È un momento sospeso, un limbo tra scienza e poesia, tra sogno e realtà.

Camminando su Marte, la canzone diventa introspezione. Non parla solo di un pianeta lontano, ma del nostro bisogno eterno di cercare un altrove, un riflesso della vita al di fuori della Terra. E mentre la voce di Bowie si perde nell’aria rarefatta, mi rendo conto che Marte non è solo una meta di esplorazione: è uno specchio della nostra stessa curiosità, del nostro desiderio infinito di non fermarci mai.

Su Marte la musica non consola, interroga. E lascia la domanda aperta, sospesa nello spazio: c’è vita su Marte?


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