"Candle in the Wind" di Elton John: tra Norma Jeane e la Rosa d’Inghilterra





Le origini del 1973: omaggio a Norma Jeane

Elton John e il suo storico paroliere Bernie Taupin crearono “Candle in the Wind” nel 1973 come elegia

a Marilyn Monroe, l’icona tragica nota nel privato come Norma Jeane. Taupin fu toccato dall’espressione “candle in the wind” usata dal produttore Clive Davis in ricordo di Janis Joplin, e pensò che fosse un’immagine perfetta di una vita breve e brillante . Nel brano, il saluto iniziale “Goodbye, Norma Jean” rimanda direttamente al nome vero di Marilyn, e la canzone dipinge una vita di celebrità spezzata troppo presto . Fu pubblicata nell’album "Goodbye Yellow Brick Road "(1973) e come singolo nel 1974: un pianoforte di base in Mi maggiore, arrangiato in modo sobrio ma intenso, accompagna la voce di Elton mentre Bernie Taupin declama il suo ritratto compatito della star caduta.

Con un tono empatico, il testo racconta il sacrificio di una “candela” che si spegne in pieno vento, simbolo di bellezza e fragilità. Lo stesso Taupin ha spiegato che la canzone non era solo su Monroe, ma su «idee di fama, giovinezza e vite interrotte»: quasi profetizzò altri miti come James Dean o Jim Morrison, oppure artisti più recenti come Kurt Cobain, Sylvia Plath o Virginia Woolf, persone “che muoiono giovani e diventano un’immagine iconica di bellezza congelata nel tempo”. In questo senso, “Candle in the Wind” comunica una profonda vulnerabilità umana: la sensazione che anche le stelle più luminose possano essere fragili, travolte da un destino crudele.

Il tributo del 1997: addio alla Rosa d’Inghilterra

Il 31 agosto 1997 Diana, Principessa di Galles – amata dal popolo come la “Rosa d’Inghilterra”  morì in un tragico incidente. La notizia scosse Elton John, grande amico di Diana, che un mese prima aveva perso anche un altro caro amico, Gianni Versace. Per celebrare il suo ricordo, Richard Branson ed altri gli suggerirono di utilizzare “Candle in the Wind” per il funerale: moltissimi nei libri di condoglianze avevano già ripetuto il ritornello originale. Elton contattò quindi Bernie Taupin, chiedendogli di riscrivere i versi per Diana​. Bernie rispose subito, componendo nuove parole a bruciapelo (“Goodbye England’s rose…”), come racconta lui stesso: voleva che il brano suonasse come se tutta l’Inghilterra lo cantasse come una preghiera collettiva ​Il risultato fu inciso al volo subito dopo il funerale e prodotto da George Martin. Rispetto all’originale, la versione 1997 abbonda di archi e strumenti classici: Martin fece aggiungere un quartetto d’archi e fiati (flauto e oboe) per dare solennità all’arrangiamento​. Elton John la eseguì pubblicamente solo una volta, alla cerimonia funebre di Diana (il 6 settembre 1997 a Westminster Abbey), e poi si rifiutò di rifarla in futuro se non espressamente richiesto dai figli di Diana​. Tutti i proventi globali del singolo furono devoluti alle sue opere benefiche​. La registrazione divenne immediatamente un fenomeno mondiale: bastò un giorno di vendite per conquistare il #1 in Inghilterra​, e nelle settimane seguenti vinse 14 settimane alla #1 nelle classifiche statunitensi, diventando il singolo più venduto in assoluto negli USA (certificato Diamante) e tra i più venduti di tutti i tempi​

Perdita, vulnerabilità e icone spezzate

In entrambe le versioni, “Candle in the Wind” porta nel titolo lo stesso simbolo: una candela accesa in balia del vento. Questa immagine trasmette malinconia e vulnerabilità – come se il narratore stesse osservando una fiamma viva che rischia di spegnersi in qualsiasi momento. La voce di Elton, dolce e partecipe, accompagna ogni verso con una fisicità che fa percepire la premura nel salutare un’amica scomparsa. Le parole di Bernie dipingono un ritratto compassionevole di due donne – Norma Jeane e Diana – entrambe amatissime eppure perseguitate da un destino crudele.

Il testo comunica così la caducità della fama e la solitudine delle celebrità: entrambi i personaggi sono visti come splendide ma “fragili come candele nel vento”. Taupin sottolinea l’idea che spesso idolatriamo le nostre icone solo dopo la loro fine; come diceva lui stesso, “glorifichiamo la morte, immortalizziamo le persone” . In questo contesto emotivo, l’ascoltatore percepisce la perdita e la compassione: la canzone diventa quasi un requiem popolare per chi è scomparso prematuramente, un memoriale collettivo che tocca le corde più sensibili di ciascuno.

Analisi musicale: tonalità, accordi, arrangiamento e voce di Elton

Dal punto di vista musicale, l’originale del 1973 è una ballata in Mi maggiore , dal tempo lento e dalle armonie semplici. L’accompagnamento fondamentale è il pianoforte di Elton, sostenuto da una sezione ritmica rock (basso, batteria) e chitarra acustica/elettrica. Il testo scorre su accordi classici della canzone pop-rock, che mettono in risalto la melodia struggente. Elton canta in modo misurato ma appassionato: la sua voce tende ad allungare dolcemente le frasi, con un timbro chiaro e un leggero vibrato che amplifica il senso di dolente riflessione. Nei cori di sottofondo, anche i coristi Delmar Ricks e Roger Cook arricchiscono l’armonia vocale, conferendo alla registrazione un respiro orchestrale sommesso. In generale, l’arrangiamento originale mischia elementi rock e pop orchestrale tipici degli anni ’70, enfatizzando pianoforte e archi leggeri che sottolineano il pathos del brano.

Nella versione del 1997, l’impianto di base cambiò notevolmente: la produzione di George Martin ridusse il ruolo degli strumenti rock, privilegiando un quartetto d’archi e fiati . Scompare quasi del tutto la batteria e il basso si fa ovattato, mentre il piano rimane a guidare la ballata ma in uno stile più raccolto. Questo crea un clima più sacro e meditativo, quasi funebre. Anche il canto di Elton riflette l’occasione: la performance vocale è sommessa e sospirata, con pause evidenti che accentuano ogni parola, quasi come se stesse recitando un elogio funebre. Il risultato finale è un arrangiamento intimo e orchestrale, che trasporta il pezzo in un’atmosfera da cerimonia commemorativa, mantenendo però intatta l’essenza malinconica del brano originale.

Riconoscimenti e impatto culturale su più generazioni

Fin dal 1974, la prima versione di “Candle in the Wind” raccolse consensi e divenne un classico. La rivista Rolling Stone la inserì nella sua lista delle 500 migliori canzoni di tutti i tempi (inclusa originariamente al #347). Nel tempo il brano è stato usato in molteplici contesti commemorativi: per esempio, nel 1990 Elton John lo dedicò pubblicamente al giovane Ryan White, vittima dell’AIDS, proprio il giorno prima della sua morte . Questa capacità di parlare a pubblici diversi – da chi amava Marilyn a chi ricorda Diana – ha fatto sì che “Candle in the Wind” superasse generazioni. Cover di artisti vari ne hanno mantenuto viva la memoria, inserendola in collezioni tributo e arricchendo la sua leggenda pop.

Ma è la versione del 1997 ad aver stabilito record straordinari: divenne il singolo più venduto di sempre nel mondo dal dopoguerra (seconda in assoluto a “White Christmas” di Bing Crosby) e il singolo più venduto nella storia britannica e americana . Ottenne in Germania e in molti Paesi il primo posto in classifica per settimane. Nel 1998 Elton John fu premiato con il Grammy per la migliore interpretazione vocale maschile pop proprio grazie a “Candle in the Wind 1997”; lo stesso brano fu anche candidato come miglior singolo britannico agli Brit Awards dello stesso anno. Anche dal punto di vista benefico e culturale, l’impronta fu indelebile: i proventi andarono alle associazioni di Lady Diana  e la canzone resta uno dei simboli musicali della fine del secolo, trasmessa ancora oggi in memoria dei suoi due soggetti e ascoltata da nuove generazioni come epopea di delicatezza e rimpianto.

Curiosità e aneddoti

Tra i retroscena più curiosi, Bernie Taupin stesso ha raccontato che scrivere la versione per Diana fu sorprendentemente veloce: durante il tragico weekend del funerale bastarono pochi minuti per trovare le prime parole. Nella prima strofa cambiò le parole di “Norma Jean” con “England’s rose”, e il gioco di parole con la rosa d’Inghilterra (l’emblema della monarchia) fu apprezzato dalla famiglia reale . Nonostante il successo planetario, Elton John decise di non includere mai quel nuovo brano in altri suoi album o compilation: la canzone esiste ufficialmente solo come singolo tributo (e sulla registrazione del funerale BBC) . Altro aneddoto suggestivo: benché molti considerino Taupin un grande fan di Marilyn, egli ha sempre specificato che Monroe era solo un pretesto letterario; la sua ispirazione era un sentimento universale verso chi muore giovane e diventa leggenda . Perfino negli anni successivi, Elton ha usato “Candle in the Wind” in contesti diversi – dedicandola ad altre tragedie – ma è la versione registrata nel 1997 che rimane scolpita nella storia della musica come simbolo di addio e memoria.




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