"5 canzoni per una playlist autunnale" Pt.2
C'è la melodia sommessa delle foglie che cadono, danzando verso il suolo in un balletto senza fine. Il canto lontano di un uccello migratore, il sussurro del vento tra i rami nudi, la risata dei bambini che saltano in mucchi di foglie secche. Questi sono i cori naturali che riempiono le nostre giornate autunnali.
Ci sono le canzoni che l'uomo ha creato in onore di questa stagione meravigliosa. Melodie che parlano di nostalgia, di cambiamento, di raccolto e di preparazione per i tempi più freddi. Canzoni che ci avvolgono come una sciarpa di lana, riscaldando il cuore e l'anima.
"Tears In Heaven" - Eric Clapton -1992
Dal punto di vista musicale, la canzone si distingue per la sua semplicità. La chitarra acustica, caratteristica del sound di Clapton, si muove attraverso arpeggi dolci e melodici. La sua voce, intrisa di emotività, ci porta in un viaggio attraverso il suo cuore spezzato, interrogandosi sulla natura dell'aldilà e sul se e quando si riunirà con il suo amato figlio.
"Comfortably Numb" - Pink Floyd - 1979
All'origine, "Comfortably Numb" narra il distacco del protagonista dalla realtà, una metafora sull'alienazione e la perdita di sé in un mondo sempre più complicato. La canzone si sviluppa attraverso due distinte voci: una voce calma e rassicurante, e una voce tormentata che risponde, rivelando un'anima in conflitto e un desiderio di fuga.
Musicalmente, "Comfortably Numb" è un trionfo. La combinazione di melodie sognanti e liriche profonde crea un'atmosfera quasi onirica. Ma ciò che veramente cattura l'ascoltatore sono i due assoli di chitarra di David Gilmour. Descritti spesso come alcuni dei migliori assoli di tutti i tempi, questi momenti strumentali trasportano l'ascoltatore in una dimensione di pura emozione, un luogo dove il dolore si fonde con la bellezza in un'estasi sonora.
L'aspetto emozionale della canzone risiede nell'abilità dei Pink Floyd di toccare corde profonde nell'anima umana. "Comfortably Numb" parla della lotta interiore, dell'isolamento e della necessità di anestetizzare il dolore. Ma allo stesso tempo, offre una sensazione di speranza, suggerendo che anche nel mezzo della nostra più profonda disperazione, possiamo trovare momenti di pace e comprensione.
"Piano Man" - Billy Joel - 1973
Bill Joel, con il suo capolavoro "Piano Man", ha catturato l'essenza delle vite quotidiane e delle aspirazioni di persone comuni. Ambientata in un bar di quartiere, la canzone è un affresco intimo e toccante di personaggi e storie che, pur essendo specifici, risuonano con un universale senso di nostalgia e di ricerca di appartenenza.
Fin dal primo colpo di armonica, "Piano Man" ci trasporta in un luogo familiare, dove il pianista suona "una canzone dolce e melodiosa" e la gente del luogo si rifugia dai propri problemi quotidiani. Joel, con la sua scrittura narrativa, ci presenta una serie di personaggi – il barista, l'uomo d'affari, l'aspirante romanziere – ognuno con le proprie speranze, sogni e delusioni.
Quello che rende "Piano Man" così speciale è la sua capacità di condividere storie universali attraverso dettagli specifici. La melodia accattivante e il ritornello contagioso, "Sing us a song, you're the piano man", creano un senso di comunità e condivisione. E' come se, per un breve momento, tutti nel bar si unissero, dimenticando le proprie preoccupazioni e perdendosi nella musica.
La vera emozione della canzone risiede nel riconoscimento che, nonostante le nostre differenze, condividiamo tutti simili sogni, paure e desideri. "Piano Man" celebra la semplicità e la bellezza dei momenti quotidiani e della connessione umana.
"Gravity" - Leo Stannard, Frances - 2018
La canzone inizia con toni morbidi e rassicuranti, come il primo barlume di luce all'alba. La chitarra, semplice ma evocativa, crea una base per la voce calda e vibrante di Stannard, che narra storie di vicinanza, distanza e l'inevitabile forza che ci attira verso chi amiamo. La lirica "Like gravity, you're pulling me in" non solo descrive l'irresistibile forza dell'amore, ma evoca anche l'immagine del campo gravitazionale che lega due corpi celesti.
La progressione della canzone riflette le montagne russe delle relazioni: i momenti di quiete e di tempesta, l'euforia e la tristezza, il desiderio e la paura di perdere. E mentre la melodia ci avvolge, ci troviamo a riflettere sulle forze invisibili che guidano le nostre vite e i nostri cuori.
Ciò che rende "Gravity" particolarmente suggestivo è la sua capacità di catturare l'universalità dell'esperienza umana. Chiunque abbia conosciuto l'amore – la sua gioia, il suo dolore, le sue incertezze – può trovare un'eco delle proprie emozioni nelle parole e nelle note di Stannard.
"How Come You Never Go There" - Feist - 2011
Tra le voci indimenticabili dell'era moderna, Feist si distingue con la sua abilità unica di combinare melodie sognanti con testi pregni di significato. "How Come You Never Go There" è uno splendido esempio di questo talento, una canzone che esplora i meandri del cuore umano con grazia e sottigliezza.La traccia si apre con un ritmo calmo e ritmato, suggerendo da subito un senso di riflessione e introspezione. La voce di Feist, delicata ma penetrante, ci guida attraverso un paesaggio di emozioni conflittuali, dove l'amore e il rimpianto si mescolano in una danza complessa. Le liriche, cariche di interrogativi e ansie non dette, sottolineano la tensione di una relazione che ha perso la sua scintilla, dove il silenzio e la distanza sembrano aver preso il sopravvento.
La bellezza di "How Come You Never Go There" risiede nella sua capacità di catturare l'essenza delle relazioni in declino, quel momento sospeso tra il ricordo di ciò che era e l'accettazione di ciò che è diventato. La melodia, dolce e malinconica, serve da sfondo perfetto a questo racconto di amore e perdita, enfatizzando la vulnerabilità e l'onestà delle emozioni di Feist.
Quello che emerge chiaramente dalla canzone è un senso di nostalgia, una brama per i giorni passati e per le connessioni che una volta erano salde e ora sembrano sfuggenti. Tuttavia, non c'è disperazione, ma piuttosto una sorta di accettazione malinconica, un riconoscimento che la vita, con tutti i suoi alti e bassi, va avanti.
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